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Donne da Nobel per la Pace 2020: l'impegno di Aida Muluneh

Aida Muluneh fotografa la fame come arma da guerra, dando una voce potente all'impegno del Premio Nobel per la Pace 2020

DI SIMONA MARANI    24/01/2021


 Lontana dai cliché, mai dalle urgenze della realtà, Aida Muluneh continua a dipingere volti e corpi femminili, investiti di simboli e una potente cromatologia, per risvegliare la forza ancestrale del cambiamento, negli sguardi assuefatti ai conflitti del mondo e le strategie per soddisfarne gli appetiti.

 

La fotografa etiope che ha risvegliato la grazia divina della Grande Madre, per tornare all’origine di ogni civiltà e affrontare gli effetti del cambiamento climatico, torna a prestare la sua voce potente all’urgenza lanciata dal Premio Nobel per la Pace 2020, assegnato al World Food Programme (Wfp) dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), per prevenire e combattere la fame usata come arma di guerra e conflitti.

 

Le dee ancestrali dell’umanità risvegliate da Aida Muluneh, liberano visioni che bruciano a lungo, come l’arma chimica (agent orange) usata dagli americani per distruggere la foresta e il raccolto durante la guerra del Vietnam. Rievocano la strategia dello sterminio che edifica sulla fame i Lager della Germania nazista, già sperimentata con il massacro dei popoli Herero e Nama nella più grande colonia tedesca in Africa (oggi Namibia), ricordati nel deserto dove sono stati spinti a morire di fame, tra il 1904 e il 1908. Un luogo quasi mistico di grande fascino che nasconde la tomba del primo genocidio del novecento.

 

La fotografa etiope evoca la crisi umanitaria innescata dalla guerra civile in Yemen, con i colori vividi di quello che resta ormai solo nei ricordi della sua infanzia itinerante, rappresentando quello che ha in comune con lo sfollamento forzato dei nativi americani (1830-1850) e il controverso genocidio armeno (1915-16). La carestia etiope (1983-85) e lo scoppio del conflitto armato nella regione del Darfur (2003), diversi momenti chiave della storia della Cina e la tattica che controlla cibo e aiuti umanitari nella Siria contemporanea.

 

Sono i collaudati meccanismi che usano la fame come spaventosa arma di oppressione e distruzione, in diverse regioni del mondo, dal primo genocidio del secolo a oggi, a essere messi in scena dalla fotografa. Grazie a un team di lavoro affiatato, in una solo settimana dello scorso novembre, dieci visioni piene di energia e poesia, hanno risposto all’invito del Nobel Peace Center che (dal 2005) commissiona ed espone per 365 giorni, un progetto dedicato all'impegno dei Nobel per la Pace.

 

Un grande impegno che abbraccia il cambiamento, rendendo opportunità anche i limiti imposti da questa pandemia di Covid-19 che sta intensificando la fame nelle zone di conflitto e la limitazione degli spostamenti ovunque. Per questa ragione, il risveglio e la trasformazione auspicati dal progetto visuale di Aida Muluneh, per la prima volta si estendono, dal pubblico che ogni anno visita fisicamente la mostra nella sede del Nobel Peace Center di Oslo, a quello ben più vasto del web, raggiunto con la collaborazione dell’azienda pubblica di teleradiodiffusione norvegese, Norwegian Broadcasting Corporation (NRK).

 

Difficile non condividere la speranza del direttore esecutivo del Nobel Peace Center, Kjersti Fløgstad. "Attraverso la fotografia espressiva di Aida Muluneh speriamo di aprire gli occhi della gente su quanto il cibo sia importante per la pace e la stabilità nel mondo". Impossibile non spalancare gli occhi sulla verità che Aida Muluneh rappresenta come un bell'incantesimo per cambiare la percezione del mondo.

 

How to: Aida Muluneh: The Nobel Peace Prize Exhibition 2020, nella sede del Nobel Peace Center di Oslo e online, sui siti web nobelpeacecenter.org e nrk.no, da dicembre 2020 a dicembre 2021.


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PressPatrick Privat